Al di qua dello sguardo - Elegia della vita schiva

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lunedì 30 maggio 2011

Dear Marco, Hiya, what’s the craic?






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Dear Marco
Hiya, what’s the craic?

Di tutte le espressioni con cui un irlandese può esibirsi nella grande arte scenica del saluto, hiya-how-is-it-going-what’s-the-craic è quella che preferisco. A volte dicono hi, a volte hiya, seguiti da
How is it going o dall’ancora più tipico what’s the craic?
Insomma: ehi tu, ciao come stai?
Qui tutto bene!

Come è andata la Pasqua? E l’escursione alle Grotte di Frasassi? Vi siete persi? Io la pasqua l'ho festeggiata tra gran pranzi a casa di un mio amico italiano (Lorenzo il Magnifico) che era partito con me e che è diventato qua uno dei miei due migliori compagni di sbronze intergalattiche. E’ stato bello perché vive con delle studentesse francesi di origine africana che hanno amici che hanno figlioletti saltellanti con cui ho giocato tutto il pomeriggio beccandomi anche parecchi calci negli stinchi, anche…

…E poi ti sei di nuovo perso l’aria di jazz fratello! ’Sto primo weekend di maggio la città l’ha passato all'insegna del Jazz Festival. Pensa, dinosauri del jazz venuti da tutto il mondo per ritrovarsi nella più sperduta contea nordoccidentale dell’(ancora) Impero Britannico di Derry, a salutare il fiume Foyle, che con il suo odore vagamente putrescente avrà riportato la loro memoria indietro ai tempi della cara vecchia New Orleans. Ogni pub (che come già sai in città ce n’è uno ogni mezzo abitante) ha portato musica dal vivo dall’una del pomeriggio all’una della sera... anche le band locali hanno offerto il loro repertorio riadattato in chiave jazz, anche se magari in genere suonano punk, folk o metal.
Io, e il jazz…!?!? Qui c’è qualcosa che non quadra, dovresti essere tu al mio posto. Ma ci pensi?
...Se penso a te in Italia col suo solito clima di stress, la maleducazione delle persone, il clima politico da Banana Republic, come dicono qua…

…E comunque non ci penso mica a tornare! Sappi che l’Irlanda mi ha stregato una volta di più. Erano mesi e mesi che non si vedeva la “bella stagione”. Credimi: quando qui spunta il sole non c'è proprio paragone con l'inverno, perché anche se Derry è sempre “calda” grazie alla sua gente e alla sua storia, in questo periodo di sole tutti erano di umore altissimo, davvero rilassati, per quanto a mia memoria lo siano sempre stati, anche più del solito, e sorridenti, divertenti più che mai. Pensa che nessuno di loro ci credeva: c'è stato il sole per ben due settimane e solo qualche rovescio. Questo li ha riempiti di endorfine e cose varie. Addirittura verso dublino e un po’ in tutto il sud ci sono stati degli incendi, il che ha dell'incredibile in Irlanda!

E poi c’è stata aria d’elezioni in questi giorni. McCann, attivista sin dagli anni sessanta, bhè, lui s’è ricandidato, avresti dovuto vedere i manifesti, che forza! Stava tutto preso ma purtroppo nonostante il suo quasi secolare impegno sociale, trent’anni di marce per diritti civili sulle spalle, niente! Nemmeno questa volta: nemmeno un seggio a Stormont, il Parlamento dell’Irlanda del Nord.

Dannato musicista dei miei stivali! Ma che fai ancora là, sbrigatiiiiiiiiii che qui c’è sempre spazio per la musica, la gente quasi che ci vive, con la musica!! Fammi solo sapere quando, e te lo giuro fratello ti organizzo un comitato benvenuto da paura!!!


Slan!

Dario, your brother

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domenica 1 maggio 2011

Mancati incontri

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L'arcipelago delle nostre emozioni ci appare dagli incerti confini. Non tanto, sconfinato. Né illimitato. Piuttosto, ci sembra di stare al centro di un territorio di cui non riusciamo a vedere fin dove si estenda e quali siano i passi indispensabili per procedere. Sono le nostre scarpe che non conosciamo. O meglio, non sappiamo bene dove ci porteranno i nostri piedi. Ma sappiamo bene che, in realtà, i nostri piedi vanno dove li sospinge il cuore. E il cuore? Non è forse intriso di pensieri? Tutti i moti della nostra anima non sono forse preceduti a accompagnati dalla nostra riflessione continua? Possiamo anche non riflettere! Vorrà dire che seguiremo i pensieri di qualcun altro, magari quelli che ci risuonano nella mente e che provengono dalle mille cose udite... Saranno allora le nostre credenze a prevalere e a guidarci.
Ma nelle cose del cuore, che sono poi le cose che si riferiscono ai nostri rapporti con il mondo, con gli altri, che cosa renderà possibile il compimento? E che cos'è compimento se non l'apertura al possibile, il mondo sconfinato delle nostre possibilità, che è il mondo della nostra libertà? All'incrocio tra due vie del cuore cosa troveremo? Smarrimenti, turbamenti, incertezze, ma soprattutto belle illusioni. Ci acconceremo a credere che la persona che sta lì davanti a noi sia interessata a noi, perché ci sorride, perché considera con attenzione le nostre cose. Quando interverranno fraintendimenti e incomprensioni, sarà il momento della verità.
Gli umani sono portati a credere che la verità sia il fatto accaduto ieri alle cinque. E' esattamente quello che ci è stato riferito. O quello che hanno visto i nostri occhi. Potremo dubitare dei nostri occhi? Ma siamo sicuri che la realtà in cui l'altro consiste corrisponda perfettamente alla nostra percezione di un fatto, di un evento e basta? Un mio vecchio amico filosofo mi ha insegnato una cosa sola, che lui esemplifica con le parole di uno scrittore, il viennese Hugo von Hofmannsthal: "La verità è il tono di un incontro".
Allora, non l'ostinato chiedere e recriminare su quello che è accaduto ieri alle cinque - come se la verità fosse un fatto! - vale nelle nostre relazioni umane, ma quello che c'è effettivamente tra di noi, ciò che sta accadendo: l'incanto dei giorni, il valore del reciproco cercarsi e trovarsi. Ma è facile incontrarsi? Ci incontriamo veramente?
Una professoressa della mia città mi ha detto con semplicità un giorno, come se non stesse dicendo niente di sconvolgente: "Un'altissima quantità di incontri umani viene distrutta da una scarsa tolleranza agli equivoci". Fraintendimenti ed equivoci sono fruttuosi: si potrebbe dire che da essi dipende una buona porzione della nostra vita. Quanto tempo, infatti, 'perdiamo' nei chiarimenti, nello sforzo incessante di fissare il significato da dare alle parole? Ma nel farlo, quanta umiltà e pazienza e compassione sono necessarie! Ciò che non riusciamo a fare bene è andare al cuore delle cose.
Il cuore della cosa stessa – la realtà dell’anima, la sua vita, le forme del suo sentire – è storia, narrazione, racconto, vicissitudine, incanto. Dentro il flusso della vita, nel caotico succedersi dei fatti quotidiani, non cerchiamo un Oriente: sappiamo di dover consistere nel magma indistinto, cercando appigli, file di continuità nella catena dei frammenti, riconoscimenti, la ‘salvezza’ delle cose oltre il loro svanire. Noi cerchiamo di risalire, oltre il disincanto del mondo, all’autentico dispiegarsi dell’esistenza umana.

Ciò che pregavi con amore,
che come cosa sacra custodivi,
il destino alle vane ciance umane
ha abbandonato per ludibrio.

La folla entrò, la folla irruppe
entro il sacrario dell’anima tua,
e di misteri e sacrifici ad essa
aperti tu arrossisti tuo malgrado.

Ah, fosse mai che le ali vive
dell’anima librata sulla folla
potessero salvarla dall’assalto
dell’immortale volgarità umana!

Fëdor Tjutcev


Questi versi rendono bene l’idea di ciò che si dà quando si superi la linea di confine che separa dall’invisibile: l’accesso a quest’ultimo non è ingresso letterale, effettivo, l’affacciarsi determinato al senso dispiegato delle cose. Il contatto con l’anima e con il corpo dell’altro non è possesso. Non di un oggetto si tratta, infatti, ma di un soggetto che si dà per ritrarsi subito dopo, per pudore, perché sia salvo il nucleo di sé dall’oltranza della bellezza. L’insistenza del pettegolezzo e dell’insinuazione, come la rivelazione di segreti lungamente custoditi nell’anima, ma anche – più semplicemente – il tradimento dei sensi nascosti di una vita, che era stato consentito di conoscere per privilegio o per amicizia, tutto l’intrudere, l’invadere, l’irrompere scomposto e ‘non autorizzato’ è far precipitare nel disincanto una relazione non importa quanto profonda e importante.
Stare ‘al di qua’ è contemplare l’incanto delle cose. Anche l’amore non dovrebbe essere stropicciato. La manutenzione degli affetti prevede cura e attenzione, certo, ma anche distanza e rispetto.
L’arte di fare passi indietro andrà ‘coniugata’ adeguatamente da una parte e dall’altra con accettazione e perdono, con l’arte della redenzione del ‘così fu’: contro la malinconia, che tende a far precipitare nell’irredimibile torti e incomprensioni, occorre elaborare in ascolto l’accaduto, prevedendo l’approdo a un’innocenza seconda che non è impossibile attingere, oltre l’errore e la dimenticanza.
L’imperfezione dei nostri strumenti umani è colpa. Solo prudenza e pazienza, umiltà e accettazione potranno impedire il perpetuarsi dell’errore e il rischio della caduta nella confusione dei sentimenti, che si traduce nell’incapacità di percepire il valore di ciò che ci sta più a cuore. La colpa più grande è, tuttavia, perdere di vista l’incanto delle cose, accostarsi ad esse con distrazione e scetticismo, incuranti della fragilità delle esistenze che popolano il mondo intorno a noi.

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