Al di qua dello sguardo - Elegia della vita schiva

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mercoledì 3 agosto 2011

Il tempo prima della felicità

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Caro Dario,

ti chiederai perché io torni a scriverti, come se non lo avessi fatto già, in risposta alla tua. In verità, sento il bisogno di chiederti consiglio e però, prima ancora, di confessarti un imbarazzo e una difficoltà. Nel mio lavoro di turnista si incontrano persone di ogni genere. C'è sempre chi si avvicina alla fine di un Concerto a congratularsi e a parlare di musica e dei propri talenti.
- Ho scritto una canzone, che vorrei farti sentire. Possiamo incontrarci?
Si può dire di no, soprattutto quando la persona ti prende alla sprovvista? Dopo tutto, chi sono io? un maestro della musica che non ha tempo per i principianti? Non ho iniziato anch'io così, dal niente? Fin qui tutto sembra facile e poco problematico: si tratterà di dire onestamente se una cosa vale o no, se ha difetti e quali. Le cose si fanno più complicate quando a chiederti aiuto è una giovane donna che mostra chiaramente di essere interessata non solo al tuo modo di suonare ma a te, proprio a te. Diciamo: anche a te. Se fosse solo questo, non sarebbe difficile districarsi. Ma se la stessa persona si presenta come compositore - compositrice - e con entusiasmo ti parla e ti parla di cose che piacciono anche a te, non capisci più a chi devi dire sì e a chi no.
Sia ben chiaro: non posso dire che non sia capitato mai con le lezioni private! Stare vicino a una allieva che fa la tonta e vuole essere guidata per mano, per allungare il brodo e magari stare un'altra ora con te, è accaduto già. Ma questa volta ho paura. Sì, è così. A questa ragazza non sono in grado di dire no. Non sono nemmeno sicuro che avrò il coraggio di dirle che qualcosa non va. Ma poi, se finisco per studiare solo quello che può servire per rivederla ancora?
Tu pensi che dipenderà dalla Musica, che ci rende più sensibili alla bellezza e fragili ed esposti? A me non mancano argomenti: mi conosci! Posso intrattenere un allievo per ore, se mi serve per uscire da impaccio. Per riaffermare l'autorità insidiata dalla critica insinuante o dal sospetto di impazienza, se non dedico ad ognuno il tempo giusto.
Ecco, diciamo che è tutto una questione di tempo: bisogna dedicare ai ragazzi il tempo giusto e nemmeno un minuto in più. Tu mi dirai: ma debbo dirti io che sto a Derry e non ho mai visto la tua fanciulla quanto tempo dovrai trattenerla a casa tua - a casa tua! -, quando verrà all'appuntamento che le hai dato? Mi dirai pure: ma non sei impegnato con la tua Martina? non sei felice con lei? che c'entra questa, ora? Oppure, con la tua simpatica volgarità, mi suggerirai pure di approfittare dell'occasione, perché non mi si ripresenterà tanto facilmente...
Dopo avere scartato tutto quello che precede, andiamo al dunque! Lei mi si presenta dolce e gentile - già questo mi fa star male! - e mi parla, a pochi centimetri dal viso, del mio stile, delle mie mani, che lei segue ammirata. Mi ha già detto che una donna riesce meglio di un uomo a comprendere un'anima dalla voce. E lei ha colto nella grana della mia voce non so bene cosa: pare che voglia parlarmene quando verrà, perché è convinta che quando io suono ci metto anche la voce! Lei non riesce a separare la mia voce dalle mani. Mentre io suono, lei sente la mia voce. Deve avermi spiato: non ho mai parlato prima con lei!
Il quesito che ti pongo è il seguente: debbo preoccuparmi della mia voce, che possa essere trapelato qualcosa di me che lei ha colto e che potrebbe usare per legarmi a sé? Perdona la mia ingenuità, ma qui ne va della mia libertà. Questa dice che sa di me cose che io stesso ignoro!
Sai bene quanto io sia schivo. Ho sempre difeso bene la mia intimità. Come si fa a nascondere la voce, quello che la voce tradisce? Evidentemente, è impossibile! Siamo di fronte a un paradosso: passiamo inosservati di fronte al mondo, grazie alla sua distrazione endemica e cronica. Ci lamentiamo, addirittura, perché nessuno ci nota. E cosa ti deve capitare! che arrivi fresca fresca - come si dice dalle parti di Tolentino - un'Amazzone gentile, che rischia di trascinarti sul suo cavallo e di portarti via! Fuor di metafora, qui non si scherza! Ci sono i sentimenti a farla da padroni. Stai fresco a dire "vita schiva"! quando meno te lo aspetti, arriva qualcuno che, senza chiedere permesso, è già installato nella tua anima. E non parlo dell'anticamera.
Sentirsi raggiunti nei recessi della casa, dove sono custoditi i simulacri di coloro che ci hanno preceduti, e magari sentirsi dire che quell'ambiente è familiare, come se in altri tempi pure qualcuno vi entrò e ricevette conforto alle più temerarie imprese, non aiuta a star bene. La fanciulla quasi mi sta dicendo che io le ho permesso di entrare: la porta era aperta. Ma non è stato Melville a dire nel suo Moby Dick che l'anima non ha finestre?
Insomma, che debbo fare? Scappo a Derry? Mi do malato? Oppure, me ne sto impassibile ad attendere, magari permettendo a quella giovane divinità di fare scempio di me, perché sotto sotto è quello che voglio? Cos'è questo che dico? Ho sempre pensato che non bisogna andare dove ci porta il cuore! dobbiamo essere noi a governare i nostri affetti e non lasciarci travolgere mai!
E' veramente così? Se in un giorno d'estate, mentre distrattamente ci accingiamo a radunare le nostre cose, dopo una performance più sentita del solito, perché meravigliarsi se l'anima, ancora beante, si apre a nuove evidenze e dice sì a una fanciulla fasciata di luce, venuta non si sa bene da dove, ma consapevole di sé e del suo potere sul cuore, sul nostro cuore, che ha colto in un momento in cui non era avvertito e compreso di sé, e si mostra per niente disposta a sostare sulla soglia del mistero, ma è già pronta a squarciare il velo che ci separa dall'incanto? Se non sappiamo bene nemmeno noi a cosa bisognerebbe dire no, perché temere un sì che ci staccherà dalle nostre eterne esitazioni e ci lascerà assaporare il nuovo che avanza e che chiama noi, solo noi?

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