Al di qua dello sguardo - Elegia della vita schiva

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mercoledì 20 ottobre 2010

Il rischio più grande non è commettere un errore

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Caro Dario,

tra IRA e Halloween sei riuscito a farmi sentire a Derry, aiutando la mia immaginazione a circolare per le strade tra le bombe e le streghe. Anche da noi i bambini si stanno abituando a questa festa importata. Bussano alla porta con un cesto e subito chiedono: «Dolcetto o Scherzetto?». Non so bene ancora quando diventeranno pericolosi con Halloween. Intanto stiamo al dolcetto: non conviene rispondere «Scherzetto». Non si sa mai!

Frequenti sempre il Sandinos? e la musica è quella di sempre? vengono ancora gruppi prestigiosi da fuori a suonare?
Sabato è uscito nell'inserto settimanale di un grande quotidiano un servizio di moda sull'Irlanda. Ho pensato a te.
La seconda edizione di TolentinoExpo si è conclusa dopo tre giorni e mezzo di apertura al pubblico. Pare che abbiano visitato la Fiera oltre 30.000 persone!
Come vedi, anche da noi c'è vita. Non è Derry, ma non possiamo lamentarci.

I miei allievi mi tormentano ad ogni lezione, ormai, con il jazz. Vogliono ogni volta che dica loro qualcosa di nuovo. Stasera penso che correrò a dire l'irreversibilità come condizione per improvvisare.

Davide sparti ne parla così:
Chi compone può cancellare un passaggio non riuscito. Chi improvvisa non può, né può, il giorno dopo, tornare a risuonare - ma meglio - lo stesso brano, o a correggersi, non davanti allo stesso pubblico, quantomeno; può solo continuare a partire da quanto ha già eseguito[...] Non vi è un time out per chi improvvisa.
Proprio perché l'improvvisazione è una pratica irreversibile, molti jazzisti hanno imparato a sfruttare i propri errori o quelli dei loro colleghi come volano per intraprendere nuovi percorsi improvvisativi. Per di più gli errori commessi durante la pratica improvvisativa non sono quasi mai banali ma originano accostamenti insoliti e spunti bizzarri che difficilmente ai jazzisti sarebbero venuti in mente in altri contesti. D'altronde, il rischio più grande per chi improvvisa non è commettere un errore ma non risultare interessante.

Gli allievi non si accontenteranno di questi spunti che, ti confesso, sono ripresi dalla Tesi di Estetica di un mio amico di Bologna. Vorranno sapere in che modo, ad esempio, l'irreversibilità si sposi con la vita, come si origini da essa. Non crederanno mai che sia solo 'metodo', un 'aspetto' della pratica descritta. Ci ho pensato. Anch'io credo che ci sia un'affinità sotterranea con alcuni momenti alti della mia vita: ne ho fatto esperienza.

Si sa che l'esperienza è la coscienza raggiunta di un cammino fatto: è cammino, non solo 'vissuto'. Tu immagina, allora, come ti sarai sentito prima di imboccare una strada che non ne escludeva altre, un po' come quando si intraprendono nuovi studi, alle medie superiori o all'università. Dopo un po', continui a pensare che puoi tornare indietro, per prendere altre strade. E' questo che ti fa sentire libero: è come non avere scelto ancora. Pensi la libertà come essere sempre davanti a un bivio, come se vivere fosse solo quell'emozione grande. Come se tu fossi ricco di quella sola ricchezza: avere in te mille possibilità, non una sola già 'consumata'.

Tu prendi a vivere e scopri presto che, dopo aver percorso un tratto di strada, se ti accade di credere in quello che fai e se poi ti innamori della scelta fatta, se prendi a pensarti come la stessa scelta, allora avvertirai una vertigine, una sensazione di brivido, anche di paura, perché comprendi che non ha senso pensare di poter tornare davanti al 'bivio', da dove sono partite le tue scelte. Hai già scelto. Non è più il tempo delle scelte. Ora si tratta solo di 'vivere la scelta' fatta. non si torna indietro. Non è possibile. Incominci a pensare che la vita è così: possiamo anche scegliere di non fare nessuna scelta, per paura di vederci scivolare la vita tra le mani, ma poi avvertiremo lo stesso dolorosamente che la vita procede, non indugia, non conosce pause interminabili e inconcludenti.

Tu incominci a vivere veramente quando diventi la freccia del tempo. Di essa è stato detto che mai nessuno è riuscito a fermarla. Si potrebbe dire allora che la vita è inesorabile, ma non nel senso che è ingiusta e violenta con noi. Piuttosto, è il tempo della vita, la pasta di cui siamo fatti, che non si lascia plasmare da noi. Un filosofo tedesco ha detto che l'uomo è un essere-per-la-morte, come se egli fosse destinato a quella sola meta. Vivere è sempre un po' morire. E imparare a vivere, dopo tutto, è imparare a morire. Imparare a vivere nel tempo delle scelte.

Allora, caro Dario, capirai perché a volte sono impacciato e timido. Non per viltà o per debolezza mi ritrovo a pensare ai passi da compiere. Piuttosto, il mio esitare è paragonabile all'istante eterno in cui gli stessi Angeli di fronte all'Altissimo si arrestano perplessi, quasi a voler introdurre un'infrazione alla regola dell'Eterno: essi sanno che dopo aver cantato davanti a Lui non potranno farlo più per tutta l'eternità...

Così siamo noi di fronte alla bellezza. Indugiamo estasiati e perplessi. Vogliamo che quel che accadrà duri per sempre. La nota che pronunceremo deve essere perfetta, se non potrà durare ancora. Non ci è consentito ripetere lo stesso canto infinite volte.
Ogni volta di nuovo, il tempo provvederà a ricordarci che l'errore commesso è alle nostre spalle. Una parte di noi se n'è andata per sempre. Ci aspetta soltanto un altro attimo estatico da cogliere per poter dire chi e cosa. Ancora. Di nuovo.
Possiamo solo sperare di non restare confusi in eterno e che la nostra voce esca finalmente limpida e dica solo se stessa e il suo stupefatto esistere.
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