Al di qua dello sguardo - Elegia della vita schiva

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giovedì 14 ottobre 2010

Il suono della sorpresa.

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Suonare un brano o anche un intero programma è un conto, creare un nuovo linguaggio musicale è tutta un'altra faccenda. E' questo il merito di Kind of Blue.
CHICK COREA

Ieri sera uno dei miei allievi mi ha chiesto di parlare di improvvisazione. Ho dovuto interrompere il lavoro che facevamo e mettermi a raccontare, ma soprattutto a spiegare. Non sapendo da dove iniziare, ho preso il volumetto della Tesi di un mio amico di Bologna, per cercare un aiuto, almeno a livello di concetti.

Paradosso, incontro con lo stupore, estetica dell'imperfezione. La definizione dell'improvvisare ricondotta a cinque condizioni: inseparabilità, originalità, estemporaneità, irreversibilità, responsività.

L'improvvisazione jazz si fonda su un paradosso: un musicista si presenta sul palco così ben preparato da consentire all'istinto e all'emozione di spingere le capacità tecniche a esplorare l'ignoto. E' «il suono della sorpresa» che egli cerca.

Non bisogna lasciarsi sedurre dalla mitologia dell'improvvisazione come qualcosa di totalmente germinale, che avrebbe luogo nel regno dell'assoluta libertà, senza l'ausilio della memoria, un miracolo di spontaneità, come si legge ancora in molti testi e dizionari sul jazz. Al contrario, l'improvvisazione è condizionata da un enorme corpo di materiali tradizionali, da esercizio e da esperienza, dunque, come ritiene Sparti «è più appropriato ricorrere - come metafora - al termine tedesco Einbruch, irruzione, poiché fa pensare a una frana o slavina: un evento improvviso, sì, preparato tuttavia da molto tempo. E' vero che le decisioni "prese" nel corso dell'improvvisazione sono immediate, ma il lavoro che sta alle spalle di tali decisioni ha una storia lunga - ore, giorni, mesi, anche anni. In questo senso l'improvvisazione è il prodotto di tutta l'esperienza fatta da chi suona: di quanto ha studiato, assorbito, dimenticato e rifiutato».
Ieri sera non sono andato oltre. I ragazzi erano stupiti da quanto andavo dicendo. Hanno voluto paragonare la musica alla vita. Si sono chiesti se per caso non accada qualcosa di simile quando ci ritroviamo di fronte a una donna o nel bel mezzo di una prova che ci viene imposta senza preavviso. Mi è venuta in mente una lezione tenuta da Marchionne qualche anno fa: anche lui difendeva l'idea che la vita non ci concede tempo. Talvolta bisogna prendere decisioni in tempi brevi e in situazioni che non consentono di rinviare le scelte. Si tratta di appuntamenti che ci chiamano in causa radicalmente: dobbiamo agire confidando in ciò che portiamo in dote nell'azione. Ci giochiamo, spesso, le cose più grosse, la vita stessa.

Dal canto mio, ho discusso le idee del mio amico e quelle di Sparti, calcando la mano sulla concezione musicale che occorre possedere, sullo studio, sull'esercizio, sulla memoria. Dopo tutto, cos'è l'esperienza se non tutto questo? Il cammino percorso e la memoria di quel cammino. Il resto viene da sé. Mi direte: ma quanto pesa quel "resto"! Certo. Si tratta di restituire le pieghe della vita e l'onda del tempo, volti e storie, intervalli e pause...
Il bello viene dopo.
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