Al di qua dello sguardo - Elegia della vita schiva

.

venerdì 8 ottobre 2010

Un interminabile corteggiamento

*

Come ogni essere umano, devo avere il diritto a quei momenti in cui posso farmi da parte... Per sentirmi un'unità che agisce autonomamente. STIG DAGERMAN

Mio fratello Dario mi ha scritto da Derry tempo fa per sapere cosa significhi per me 'vita schiva'. E' partito dal significato più ovvio per esprimere una certa preoccupazione, come se io mi apprestassi a ritirarmi in un convento o in altro luogo appartato. Come se fossi in fuga dalla civiltà. Teme che sia stato assalito da un attacco di misantropia!
Gli ho risposto con un libro. Sì, gli ho spedito un libro che parla di me. O meglio, parla di quella parte di me che lo preoccupa: la timidezza.

La timidezza oggi non è di moda. L’essere timidi è ritenuto spesso uno svantaggio, persino una malattia, una paura di vivere, un sottrarsi alle competizioni. L’aggressività, il farsi largo non le appartengono, non contraddistinguono l’uomo e la donna sempre un po’ in disparte, il cui ritrarsi è indizio di pacatezza e riserbo. Questo libro controcorrente non vuole dare consigli per superare un tratto così intensamente umano. Sta invece dalla parte di chi ancora arrossisce, e considera la timidezza una sensibilità da valorizzare, un intreccio di virtù – saper tacere, essere discreti… – che si traducono in un modo più luminoso di stare al mondo.
Dario mi ha risposto un po' risentito: come se con il mio gesto volessi esaltare il mio carattere, volgendo a mio favore un difetto, per farne un pregio. Per accontentarlo, gli ho risposto sottolineando limiti e carenze. Gli ho rivelato un mio segreto, che voglio confessare anche a voi: di fronte alla vita mi sento come un corteggiatore che si ritrovi ancora ad attendere una risposta. Ma non perché io mi senta ai margini... escluso dalla vita! Al contrario, io mi ritengo fortunato. Goethe direbbe: un favorito degli dèi. Possiedo, infatti, le cose più preziose che un uomo possa desiderare. E non starò ad elencarle, perché l'ho già fatto.

Piuttosto, c'è da dire che il mio contegno schivo è il mio modo di ringraziare per il bene ricevuto. Io mi inchino di fronte alle cose sacre e alle cose belle. Sono riconoscente. Se vi sembra che sia impacciato ed esitante è perché penso molto prima di parlare e soprattutto prima di agire. Dei due fratelli di cui ci parla la mitologia - Prometeo ed Epimeteo - io seguo le orme del primo, ma sono fragile come il secondo.

Come si fa a dire: sono dalla parte di Prometeo? Sono solo razionalità e coerente agire? Sono lucido e imparziale e previdente e consapevole di me?
Ma, d'altra parte, come si fa a dire: sono dalla parte di Epimeteo? Sono solo sensibilità e immediatezza, spontaneità e innocenza?

Avrei voluto essere "scabro ed essenziale", come dice il nostro grande poeta Eugenio Montale, ma la vita ti sbatte sulla scena all'improvviso, ti travolge, ti mette fretta, ti turba, ti sconcerta...
Un filosofo del tempo di Nerone ha scritto:
Quanto tempo hai dedicato a te stesso [...] quante persone ti hanno derubato della tua vita senza che tu nemmeno ti accorgessi di ciò che perdevi [...] non riflettiamo mai che siamo esseri fragili.
Ecco! Vi sembra facile difendere il proprio nucleo interiore dagli 'attacchi' quotidiani della stupidità e della volgarità? Un poeta slavo si esprime così, al riguardo:
Ciò che pregavi con amore,
che come cosa sacra custodivi,
il destino alle vane ciance umane
ha abbandonato per ludibrio.

La folla entrò, la folla irruppe
entro il sacrario dell'anima tua,
e di misteri e sacrifici ad essa
aperti tu arrossisti tuo malgrado.

Ah, fosse mai che le ali vive
dell'anima librata sulla folla
potessero salvarla dall'assalto
dell'immortale volgarità umana!

FËDOR TJUTCEV
Allora, avrete capito perché io sia fatto così. Malattia privata? Introversione? Debolezza di carattere? Vita sospesa? Fate voi.
Io so, però, e questo spero lo capirete, che il mio cuore non esita più, se mi mettete al centro di una sala - magari vuota - con due magari un po' meno umbratili di me, per fare un Trio, o tre musicisti innamorati, per fare un Quartetto...

Noi sappiamo bene che amare è sciogliersi dalle lenzuola gelosi di Copernico, non il marito d'una Maria Ivanovna avendo come rivale. Lasciate, allora, che a parlare per noi siano i ritmi cadenzati della vita che incede sontuosamente per annunciare la conquista del cuore di una donna. Per questo, siamo disposti anche in una fredda sera d'autunno a rinunciare alla nostra tetraggine per far parlare un pianoforte.


*

Nessun commento:

Posta un commento