Al di qua dello sguardo - Elegia della vita schiva
.lunedì 13 dicembre 2010
Fermare il tempo
martedì 7 dicembre 2010
La forza delle illusioni
L’illuso ignora la realtà nella sua tangibile evidenza, o meglio, non la ignora, ma la oblitera, la cancella, la rimuove, o meglio ancora, non la rimuove del tutto ma la ritiene marginale e di poco conto, rispetto all’evidenza dei suoi sogni, luminosa e quasi corposa. (LIONELLO SOZZI, Il paese delle chimere. Aspetti e momenti dell’idea di illusione nella cultura occidentale, SELLERIO EDITORE 2007, p.16)
Può accadere, certo, che noi elaboriamo il fantasma di un’intesa sublime con gli altri sulla base di spunti in realtà assai modesti, cui attribuiamo significati e promesse del tutto abusivi, così come ascriviamo a noi stessi meriti che non sussistono, e accarezziamo l’ideale ma poi non abbiamo la strenua costanza e l’assidua fermezza necessarie per restargli fedeli. Non traduciamo in nulla i nostri sogni, ci accontentiamo di una sorta di velleitaria nostalgia. […] incapacità di capire il reale, d’intendere che l’“altro” non è affatto tenuto ad adeguarsi ai nostri modelli, percorre le sue vie e compie le sue scelte, che coltiva a sua volta miraggi e progetti assai lontani dai nostri. […] Ogni uomo è chiuso nel bozzolo dei suoi sogni. (p.17)
Ben altra è la natura della speranza: essa ci porta lontano dalle nostre chimere, nella terra incognita che abitano gli altri. Lì siamo al sicuro.
«La speranza è come un ponte che si innalza al di sopra di ogni situazione […]. Come un ponte che ci fa uscire dalla nostra solitudine e che ci mette in una relazione senza fine con gli altri: con gli altri, in particolare, che soffrano e chiedano aiuto; ma, ancora, cosa è mai un cuore senza speranza?» (Eugenio Borgna, L’attesa e la speranza, FELTRINELLI 2005, p.51)
La cultura popolare si abbandona alle sentenze facili, spesso contraddittorie, che si contraddicono tra di loro. Avrai sentito dire "Finché c'è vita c'è speranza", accanto al più volgare "Chi di speranza vive disperato muore"! Quando smettiamo di pensare, finiamo per credere che non sia possibile uscire da quell'antinomia: le due sentenze sono vere entrambe! Il nostro scetticismo sulle cose dipende dal disincanto in cui ci precipitano le nostre delusioni. Come se la vita perdesse tutte le sue attrattive! Ma proprio questo oscillare la Musica cerca di esprimere, senza dare troppo credito alla volgare negazione della speranza. Si potrebbe dire che è il mezzo più importante per dare voce alla speranza.
Il germanista Claudio Magris in un brillante saggio intitolato Utopia e disincanto afferma che utopia e disincanto
«anziché contrapporsi devono sorreggersi e correggersi a vicenda». […] «Il disincanto è un ossimoro, una contraddizione che l’intelletto non può risolvere e che solo la poesia può esprimere e custodire, perché esso dice che l’incanto non c’è ma suggerisce, nel modo e nel tono in cui lo dice, che esso, nonostante tutto, c’è e può riapparire quando meno lo si attende. Una voce dice che la vita non ha senso, ma il suo timbro profondo è l’eco di quel senso». […] «Il disincanto, che corregge l’utopia, rafforza il suo elemento fondamentale, la speranza. […] La speranza non nasce da una visione del mondo rassicurante e ottimista, bensì dalla lacerazione dell’esistenza vissuta e patita senza veli, che crea un’insopprimibile necessità di riscatto. […] Il disincanto è una forma ironica, malinconica e agguerrita della speranza» (p.53).
Io vorrei che tu mi immaginassi così: proteso verso la vita, ma non ingenuamente preso dagli inganni della mente. Sicuramente, fiducioso nella forza dell'ideale, ma con gli occhi spalancati sulla realtà. Esitante e timoroso, a volte, ma assolutamente certo del tuo affetto.
Con questo sentimento, ti ringrazio delle tue visioni della Brughiera di Derry: mi aiuti ad immaginare quello che presto vedrò con i miei occhi. Magari, ci costruirò intorno i miei sogni ad occhi aperti. Questa attesa non sarà sterile né vana: la sorregge la speranza - che è sempre certezza - che tu ci sarai ad accogliermi con la fraternità di sempre.
*
*
*
domenica 5 dicembre 2010
La forma di un sogno
venerdì 26 novembre 2010
Voci dalla brughiera
Mucker!
Dear Marco,
what’s the craic? Halloween ha bruciato i suoi fuochi e qui è sceso il vero inverno…
Dato che il tempo è deprimente m’è venuta voglia di raccontarti di un giro fatto st’estate.
Io Pablo e Carmela decidiamo di fare un giro in campagna, a piedi. Siamo tutti davvero presi, Roury ci ha detto “andate e seguite quella strada là noi irlandesi camminiamo più veloce di voi ce la facciamo in due ore voi in cinque”. Noi ci organizziamo e partiamo che c'è foschia ma Pablo, la nostra guida, dice che il tempo regge, gliel’ha detto una vecchia di Buncrana e Carmela conferma, a lei invece l'ha detto la vecchia del Sandinos. Zaino e sandwich all'humus direzione Greinan Fort, un’antica rovina celtica, a dir di Pablo tutto bucato sotto. Tombe, mura antiche, una fonte. Si trova tra qui e Buncrana. Pablo va matto per Buncrana. Ci ha anche abitato quando era ancora uno straniero, qui.
Dopo due ore di campagna noi si chiede a un vecchio che tempo farà, Pablo da un po' non fa altro che parlare ai vecchi, e il vecchio ci consola: non pioverà e il forte dista due ore. Manco a dirlo, si vede ’sta collina e ci si arriva in cima in due ore spaccate. Siamo tutti eccitatissimi, Pablo scatta foto quasi avesse il dito automatico, ed io, che mi immagino di essere stato catapultato nel regno di Avalon che c'è la nebbia e corvi e non si vede anima viva in mezzo alla brughiera. Carmela è eccitatissima e trotta allegramente; attenta ai buchi, le dico, che la brughiera è impestata marcia e manco a dirlo inciampa e casca in uno di quei fossi pieni d'acqua detti “pit”. Ma allora porti sfiga! Fa lei.
Il forte è un cerchio di mura e dentro si fa merenda, poi si riparte. Bella esperienza, cinque ore di cammino, manco a dirlo quell'impunito di Roury aveva ragione, ci accorgiamo che la strada l'abbiamo allungata di tre ore. Bella la campagna del Donegal, cacchio, che mi prenda un accidenti se non ci torno!
E che bella l’estate… freddo, vento, pioggia, due sole giornate di sole!
Mi ricordo che fece più caldo a fine maggio, quella settimana passata sempre a Brook Park… un sole tremendo finalmente squarciava la costante coltre di nubi irlandesi, sempre pronte a menar pioggia come gli irlandesi menan le mani. Stavamo solo in jeans, ovviamente eravamo tutti ben muniti di birre... poi Lorenzo si mise in slip e ricordo quei tipi che stavano per tirarci i sassi. Alla fine di quella settimana mi ritrovai appena abbronzato.
Ieri invece mi arriva un sms da Luca, quel tuo amico, che fa: c'è Patti Smith davanti a me a San Severino, si sta bevendo una birra, che le dico? che faccio?... Ho risposto di chiederle se avrebbe voglia di ravvivare la triste scena marchigiana col vero punk rock dei tempi che furono, e magari organizzare un party… Poi non glielo detto e gli ho detto falle firmare un bell'autografo magari farci una foto e farsi dare un bacio sbirrazzato sulla barbetta. Tu c’eri? L’hai vista? Vabbé che fa un genere che, con te, quaglia poco. Se la vedi dalle il mio numero di Derry, venisse qui, non si sa mai!
Mucker, it’s time to go… some students are comin’ soon!
See ya!
Dario, your bro.
Greinan Fort, su in cima alla collina tra Buncrana e Derry. Il rosa che si vede è l’erica, vera regina della brughiera. Le cose bianche sono, ovviamente, pecore.
*
domenica 21 novembre 2010
Sandro Savino - Simone Maggio - Emiliano Pintori
http://www.myspace.com/san
Sono Simone Maggio e sono nato a Grosseto trent’anni fa e non so perché ho sempre amato la musica e in particolar modo il pianoforte …diciamo che pian piano qualche indizio l’ho trovato! Non ho fatto il conservatorio, anche se da qualche anno studio la musica e la composizione definita “classica” …ecco, una scoperta l’ho fatta: la musica è “UNA”…per me almeno. Colpo di fulmine per il Jazz a 16 anni; ho studiato molto a Roma e negli anni ho fatto un bel po’ di esperienze legate a questo mondo, tra cui alcuni dischi, partecipato a seminari e fatto concerti; ho avuto anche la possibilità di suonare con Lee Konitz nel 2006. Il cercare mi ha portato a fare esperienze anche fuori dal jazz; compositore per teatro e film …anche perché il jazz per me è una parola eclettica ! Adesso vivo in campagna nelle Marche, con mia moglie e molti animali.
http://www.myspace.com/mag
http://www.myspace.com/emi
sabato 20 novembre 2010
Alessandro Sgobbio - Livio Minafra - Daniele Pozzovio
∂-Biografia
Posso dire di essermi sentito davvero Musicista a 23 anni. A 25 ho confezionato, nella più umida e calda settimana parmigiana della storia, diploma di piano e laurea in Lettere.
Posso dire di essere l'unico ad aver ritirato la tesi di laurea all'Upim: ivi smarrita e recuperata due ore prima della discussione.
A 18 anni ho scoperto il Jazz - poi dimenticato e ben ritrovato nella bassa parmense con quel tanto d'erre di asburgica memoria.
Mi sono sentito sempre più Musicista grazie ai concerti di jazz, la Yamaha, i primi album registrati, l'incisione di un brano di Gaslini, il 2°premio al “Flores” e la selezione al "Martial Solal"; l'esame di composizione superato dopo 84 ore di clausura.
A 28 anni posso dire di sentirmi evidentemente jazzista, tendenzialmente pianista, sicuramente musicista.
www.alessandrosgobbio.it
www.myspace.com/alessandro
www.alessandrosgobbio.blogspot.com
In realtà io volevo fare il cuoco.. E se proprio dovevo fare il musicista – visto che in casa i miei erano musicisti ed io respiravo musica fin dal pancione – volevo fare il batterista.. Invece m’han fatto suonare il pianoforte. A quel punto l’ho suonato con la tecnica delle percussioni ed ho inventato tutto un mio mondo diversamente abile lì. Non ho mai saputo suonare il jazz famoso, quello alla Bill Evans o alla Oscar Peterson tantomeno le canzoni più in voga del momento... eppure mi sentivo jazzista a sentire gente come Antonello Salis o Gianluigi Trovesi.. Quando poi ho vinto il Top Jazz nel 2009 come Miglior Nuovo Talento in Italia ho vissuto una gioia che ora mi pervade ancora. Non tanto risultare il primo in Italia per un anno (tanto nel jazz non dovrebbe esistere la concorrenza, tanto ognuno racconta la sua storia) quanto l’essere riconosciuto nel jazz pur a modo mio. Un modo mio fatto di tracce di musica araba, impressionista francese, free, melodia, minimalismo.. Il cuoco e batterista mancato pianista abusivo era stato accettato ed ora aveva anche vinto!!! :)
Note serie:
LIVIO MINAFRA, classe 1982, giovane compositore e pianista vincitore del prestigioso premio Top Jazz 2009 quale Miglior nuovo talento, suona soprattutto in piano solo ma ha al suo attivo numerose e importanti partecipazioni (Minafric Orchestra, Municipale Balcanica, Canto General, Radiodervish per citarne alcune) come pianista, compositore, arrangiatore e fisarmonicista. In piano solo ha pubblicato La dolcezza del Grido (Leo Records, Uk) e La fiamma e il cristallo (Enja Records - De). Ha collaborato fra gli altri con Marko Markovic, Paolo Fresu, Bobby McFerrin, Jerry Gonzalez, Frank London, Radiodervish, Mario Schiano, Sergej Kuryokhin, Paul Rutherford, Lucilla Galeazzi, Michele Lomuto, Daniele Sepe, etc. A soli 28 anni ha già suonato in tutti e cinque i continenti eccetto l’Australia.
http://www.myspace.com/liv
www.minafrasprod.com
http://www.myspace.com/dan
http://www.youtube.com/wat
http://www.youtube.com/wat
venerdì 19 novembre 2010
Emilio Marinelli - Kekko Fornarelli - Simone Graziano
Bologna, 19 novembre - Ieri sera, alle 22, Emilio Marinelli ha aperto la serata. La prima parte del suo set è stata non lineare, scorbutica a tratti. La tensione tra i musicisti era evidente, anche per il pubblico. I primi due pezzi, in particolar modo, hanno spiazzato un po' tutti. L'energia era trattenuta da un tappo che poi è esploso nell'ultimo pezzo del primo set, quando finalmente la carica repressa ha invaso la sala piena.
Un suo piano solo, totalmente improvvisato, è stato il preludio di una fine degna di una jam session, con il pubblico totalmente partecipe.
Nel secondo set il gruppo ha iniziato in modo più aggressivo, cercando subito un contatto diretto con il pubblico.
Anche stavolta poco partecipe, a tratti bloccato, il pianista, Kekko Fornarelli, che si riscatta ampiamente nel terzo brano, che tutt'a un tratto diventa un piano solo intimo, riflessivo, con il pubblico attento ed emozionato. Fornarelli, a questo punto, si prende tutto il suo spazio con un vero e proprio piano solo, premessa di un brano nordico ma non glaciale, scritto del compositore Gianpaolo Venditti.
Il terzo set vede anche qui il pianista, Simone Graziano, totalmente bloccato, quasi impacciato e goffo. Il resto del gruppo, percepita la momentanea empasse del loro collega, ha cercato di riempire il suo spazio, ma qualcuno tra il pubblico ha probabilmente capito che qualcosa non funzionava.
Il pezzo in piano solo, Darkness, oscurità, ha dato invece nuova luce a Graziano, che del tutto ripresosi dall'iniziale blocco chiude briallantemente la serata, mettendo in luce il suo linguaggio che denota anche una preparazione classica.
*
Sono nato ad Ancona e ho per parecchio tempo della mia vita vissuto a Falconara Marittima (ridente cittadina sulla raffineria), probabilmente per troppo tempo....
Di conseguenza sono lento, lentissimo ad imparare e migliorare ed inoltre ho sempre fatto tutti i percorsi formativi (e non) al contrario. Ho iniziato suonando in pubblico:
gruppi rock, poi R&B poi Funk (molto funk) e infine jazz. Chiaramente dopo tutto ciò non potevo non affrontare il repertorio classico e con molto, moltissimo, elefantiaco sforzo.
Mi sono diplomato al Conservatorio di Santa Cecilia a Roma, il mio compagno di classe aveva 11 anni, io 33. In questo lasso di tempo vitale ho fatto di tutto. Da suonare in un camioncino della frutta davanti ad anziani non troppo contenti di vederti a tournee` negli stadi di tutta europa, o pop star come Bocelli, o spettacoli teatrali, oppure concerti nei club (le bettole) jazz con Americani ed Italiani (ENRICO RAVA, BOB BROOKMEYER, KENNY WHEELER, XAVIER GIROTTO, CAMERON BROWN, GIULIO CAPIOZZO......). Non so se e' bene o male muoversi a zig zag, ma ad andare dritto non sono mai riuscito. La dimensione che preferisco però è quella dei piccoli posti, niente camion di luci o mega palchi, solo una persona e il suo strumento, niente di superfluo o eccessivo: just you and them. Qualche metro di spazio e l'energia di chi suona e chi ascolta.
Comunque studio molto, conto di essere pronto a fare il pianista entro i prossimi 20 anni.
http://www.myspace.com/emi
Suonare il piano è per me un karma, più che una scelta. Vivere 28 dei miei 32 anni in un'alternanza di amore e disincanto mi pone ancora dinanzi alla domanda del "chi sarò domani?". Infanzia ed adolescenza immerso nella musica classica poi, d'improvviso, il jazz. Non l'ho studiato, l'ho fatto mio. Prima, divorando tutto ciò che mi capitava fra le mani, poi, parlando di me con il mio jazz, arricchendomi da tutti gli artisti che ho conosciuto e con cui ho suonato, trasferendomi in Francia, registrando i miei tre dischi. Oggi, penso che la bellezza della musica sia nella soggettività, nel farla e nel recepirla. In tanti, nel jazz, hanno dimenticato il messaggio che lo stesso voleva dare: Libertà. Possiamo piacere a mille persone o anche solamente ad una. Bisogna solo avere la voglia di cercarla, questa persona. Ovunque essa sia.
www.kekkofornarelli.com
http://www.myspace.com/kek
http://www.facebook.com/ke
Mi chiamo Simone di nome, Graziano di cognome. Sono Nato a Firenze negli ultimi giorni dell’ultimo anno degli anni ’70 ed è per questo forse che amo l’autunno, le foglie morte, i finali e le code, e il numero 7. A mia madre devo l’amore per il pianoforte e per la musica in generale. A me stesso, la follia con cui l’ho coltivata in questi anni. Ho studiato jazz alla Berklee school di Boston e mi sono diplomato in pianoforte al Conservatorio col massimo dei voti. In “Lightwalls”, titolo del primo disco a mio nome a fianco di due geni spericolati quali Ares Tavolazzi e Stefano Tamborrino, ho cercato il rapporto tra musica e luce e il modo in cui queste si influenzano reciprocamente. Odio Firenze, ma dal momento che son trent’anni che tento invano di abbandonarla, forse, l’amo.
http://www.myspace.com/sim
giovedì 18 novembre 2010
Andrea Spurio - Francesco Villani - Alex Trebo
Come si può dare un'idea tanto calzante quanto convincente di se stessi in "non oltre 800 battute"? La musica è parte di me, l'ho sempre tirata fuori con estrema facilità, quella facilità che fa arrabbiare chi vuole imparare a suonare e non è portato. Da piccolo, 12 anni, ero considerato una specie di "enfant prodige". Ho vinto concorsi nazionali e ricevuto complimenti da maestri d'orchestra; io non me ne rendevo conto perché per me era così semplice! Poi, al liceo, mi sono fatto crescere i capelli e mi sono dato prima alla batteria, poi, più avanti alla chitarra e al basso. Alla fine ho ripreso a suonare il piano avvicinandomi con entusiasmo a quello strano jazz che sembrava così acido, dissonante. Dicono che ho gusto, io non lo so; suono e basta, qualunque cosa; strumenti, cose, generi diversi e forse a volte la musica la prendo sotto gamba, forse perché è la mia vita, e nella vita bisogna saper scherzare.
http://www.myspace.com/and
http://www.jazzitalia.net/
Nasco a Napoli e le somiglio: contraddittorio, generoso, notturno e solare, visibile e sotterraneo. Quando suono, stabilisco un rapporto col pubblico che va oltre ciò che suono. Infatti le mie non sono presentazioni, ma un condiviso, dialogico progetto di reciproca conoscenza. Anche la mia formazione è il frutto di varie, spesso opposte esperienze. Anarchico, quale mi definisco, la disciplina mi è stata sempre troppo stretta.
A 14 anni, interrotti gli studi al Conservatorio, giravo per la città, che all’epoca era un vero crocevia di progetti, per procurarmi serate, nelle quali suonavo Jazz. Ma non mi sono mai fermato a un genere. Non ho pregiudizi musicali e per principio ascolto tutto ciò che reputo buono. Ciò che ho fatto e chi sono musicalmente lo troverete
qui:www.francescovillani.net
Roberto Saviano ha scritto di me: http://www.facebook.com/no
Nasco in un piccolo paese nelle Dolomiti, San Martino in Badia, ed inizio il mio viaggio musicale per caso, all’età di cinque anni. A sette prendo la mia prima lezione di piano e scopro la musica come gioco. A 19 decido di dedicarmi alla musica in toto, suonando live in veste di pianista e tastierista con vari progetti tra Bologna e Bolzano. I concerti nell’arco di questo periodo, cioè i miei 20 anni, permettono di mantenermi e di viaggiare in paesi lontani, mentre mi formo al Dams di Bologna ed ai conservatori di Rovigo e Bologna. Negli ultimi due anni, ispirato da una permanenza prolungata a Berlino, ho deciso di concentrarmi più sulla composizione di musica per svariate produzioni che spaziano dalle colonne sonore per film (The Contenders), al Nu-Jazz (Mop Mop), alle musiche di scena.
http://www.myspace.com/ale
mercoledì 17 novembre 2010
Con Claudio Filippini e Vincenzo Danise è partito il Casting
*
Mi chiamo Claudio Filippini, ho 28 anni e suono il pianoforte da 29 anni. Ho iniziato con la musica classica e quando non volevo studiare cazzeggiavo ad orecchio. Mi piaceva ascoltare le canzoni dalla TV e risuonarle al primo colpo. Fu proprio questo gioco che innescò in me la voglia di diventare un musicista. Quando ascoltai "Kind of Blue" di Miles Davis avevo 13 anni e da allora rimasi folgorato tanto da voler diventare un pianista jazz. Completai gli studi classici e nel frattempo mi misi sotto ad ascoltare centinaia di dischi. Marinavo la scuola, rompevo le palle ai musicisti più grandi di me, volevo sapere tutti i trucchi del mestiere, frequentavo workshops, e suonavo in jam session fino all'alba. La musica mi ha portato lontano, da Pescara a Roma, Chicago, Londra, S.Francisco e oltre. Ho incontrato maestri di vita come Hancock, Barron, Cables, D'Andrea, gente con le palle quadrate per intenderci. Ora sono un professionista, suono di tutto e con tutti, vivo di musica senza dare lezioni e senza dire di essere il nuovo Mozart italiano.
www.claudiofilippini.com
www.myspace.com/claudiofil
http://www.youtube.com/wat
http://www.youtube.com/wat
http://www.youtube.com/wat
domenica 14 novembre 2010
Bologna
*
E' vero. Contro il viaggiare avevo scritto severamente, ma per esaltare il coraggio di vivere qui a Tolentino, senza fuggire, in cerca di una vita che non è mai altrove.
Eppure, non ho resistito al richiamo del Bologna Festival Jazz. Dunque, oggi parto. Sarà solo musica. Mi nasconderò tra la folla, per godermi ogni evento indisturbato.
Racconterò in parte quello che vedrò e sentirò. Mi piace 'seguire' i discorsi della gente comune, che assiste ad uno spettacolo importante restituendo meraviglia e piacere. Se non sono fastidiose e petulanti, le chiacchiere sono tutte da seguire. Mi urta sentire apprezzamenti sbrigativi su un giovane musicista che, magari, sta esprimendo il meglio di sé, in un momento della sua vita che non sarà certo uno dei tanti! Voglio provare anch'io quella emozione. Li invidio, perché si lanceranno nella fossa dei leoni, suonando davanti a un pubblico agguerrito, che sente cosa vibra nell'aria.
Questo genere di spettacoli richiede una storia personale. Non si va a Bologna senza un 'curriculum' musicale. Io sarò un turnista, ma la musica è musica. Voglio dire che tra la mia vecchia passione per tutto ciò che è pop e la madre di tutte le forme eccentriche ed imprevedibili non c'è un divario incolmabile. Riesco bene a passare bene dall'una all'altra nel mio cuore, senza sentirmi un ladro o un avventuriero, che osa sconfinare in territori che non sono suoi. Conosco io i miei confini! Si capisce, i confini interni tra una cosa e l'altra!
Quando 'dirigo' i miei allievi e quando vado a concerto per sostituire qualcuno sono una parte di me che conoscete bene. C'è poi il Marco notturno, segreto. Ci sono altri Maestri che dirigono l'orchestra interna. Non sono io a dirigere, quando "è notte". C'è sempre qualcuno che mi dice cose mai sentite prima. Ed io ascolto. E ripeto. E gioco a variare e a tentare il nuovo. Mi sento come il tuffatore che si lancia dal trampolino più alto. Ho controllato bene. C'è acqua in abbondanza nella piscina. Non ho ancora imparato a tuffarmi e basta.
Intanto, voglio cercare di carpire qualche segreto dalle performance dei ragazzi di Bologna. Mi farò la mia settimana di Concerti. Cinque giorni. Saranno come un ciclo completo che copre bene il tempo. Esisteranno solo loro. La festa è dedicata a loro.
*
*
*