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Dare voce a quanto di più profondo e autentico c'è in noi, sepolto in fondo al cuore, quel non detto che non è indicibile né mistero né 'anima', è compito della musica. Non è forse vero che tutti quelli che non hanno parole per dirlo si affidano alla musica - e alla poesia, e al racconto...? E che quando non trovano le parole della poesia e del racconto cercano e trovano sempre nella musica la risposta? Riescono sempre a trovare il modo di esprimersi servendosi di essa.
Un filosofo ha scritto che la musica è ineffabile come Dio. Essa è espressione dell'ineffabile, cioè di tutto ciò per cui gli uomini non hanno parole per esprimersi.
Quante volte ci è capitato di essere chiamati a dire i nostri sentimenti - magari dopo averli 'dichiarati' mille volte già - e di non trovare le parole, perché le abbiamo pronunciate tutte già e perché non ne conosciamo altre - perché non ce ne sono altre!? e non essere 'creduti'! Quante volte abbiamo assistito alla fine di un amore, scoprendo nel tragico sciogliersi delle anime dall'abbraccio a cui si erano abbandonate anche per anni il muto interrogarsi incredulo di chi non ha cessato di amare ma non sa più come liberarsi dal 'dolore della mente'?
Io chiamo dolore della mente la condizione di chi si dibatte in uno stato di incomprensione. Chi sente dolorosamente che l'altro non sente più il nostro cuore perché si è chiuso alla comprensione lasciandosi travolgere da astratte ragioni. La verità. Di fronte alla verità il cuore tace. Non è così? Ma quando Dio è stato 'chiamato' a creare l'uomo ci fu chi gli suggerì di non farlo, perché sarebbe stato menzognero. E ci fu chi gli suggerì di crearlo lo stesso perché sarebbe stato capace di cose buone. Allora Dio seppellì la verità sotto terra e creò l'uomo. Perché ci sia l'amore è indispensabile che la verità stia sotto terra. Questo dice una parabola ebraica.
Quando ci accade di non trovare le parole per dire il nostro disperato amore, il nostro cuore accenna al canto, cerca di esprimere quel che si agita al fondo con altre voci.
Così è per noi musicisti. Sentiamo di dover dire, anche a nome dei nostri simili, il nostro muto amore. Talvolta, la musica nasce da questa zona grigia della coscienza, da quel dolore muto, dal bisogno di vincere l'ostinazione che gli sta di fronte. Non è forse la musica vittoria sul silenzio e sulla morte? Il linguaggio è preceduto e insidiato sempre dalla morte. E' il nostro chiamare alla vita le cose più vere del nostro cuore. L'anelito. Il sospiro. L'ansito breve. Il palpito spasmodico. La danza delle ore. Il lago incantato. Gli occhi della nostra donna. Le mani di un amico che ci cercano. Il piccolo cuore dei bambini che sognano l'amore che non muore mai. Il nostro bisogno di non morire più, perché già siamo stati abbandonati una volta. Si tratta di mettere in musica tutto questo.
Quando tutto è pronto per cominciare. E si conosce bene cosa abbia da dire lo strumento di chi sta vicino a noi. Allora le voci di dentro chiedono udienza al cuore e alla mano, che corre sicura a dire le note che sciolgono il dolore della mente. E l'onda dei ricordi si fa passo di danza. L'aria tutt'intorno si riempie di suoni inauditi. Sempre lo stesso esito per noi. Suoni inauditi da dire al vento che imperversa e scompiglia la terra. La musica è più forte del vento della discordia. La sua onda fa tacere il vento. Disegna le pieghe interne e traccia le vie che conducono ai cuori immemori e stanchi. Maestosamente si fa presenza e compimento delle intenzioni più nascoste. Avanza e si ferma nell'aria. C'è solo lei a parlare per noi.
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