Al di qua dello sguardo - Elegia della vita schiva

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giovedì 19 agosto 2010

«Stati d'animo, stati di grazia, elegie!»

Esattamente venti anni fa, una Rivista di letteratura* parlava di 'fine dei viaggi', a fronte di un mondo raggiunto tutto, ormai, dagli esploratori.

Le «scritture infedeli» - i testi letterari, ma soprattutto quelli che riferiscono di viaggi - fanno pensare ai resoconti di Marco al Gran Kan ne Le città invisibili di Calvino. Al termine del lungo 'viaggio' dell'Imperatore, questi chiede a Marco se le città di cui egli ha parlato esistono veramente, perché ha l'impressione che l'amico non si sia mai allontanato dalla Corte. Eppure, egli aveva bisogno che qualcuno gli portasse notizie dal suo sterminato Impero! Ormai vecchio, egli non sarebbe mai riuscito a percorrerlo per intero. A metà del racconto gli aveva intimato: «Questo volevo sapere da te: confessa cosa contrabbandi: stati d'animo, stati di grazia, elegie!» E poco prima: «Le tue città non esistono. Forse non sono mai esistite. Perché ti trastulli con favole consolanti? So bene che il mio impero marcisce come un cadavere nella palude, il cui contagio appesta tanto i corvi quanto i bambù che crescono concimati dal suo liquame. Perché non mi parli di questo? Perché menti all'imperatore dei tartari, straniero?» - E Marco, che sapeva secondare l'umore nero del sovrano: «Sì, l'impero è malato e, quel che è peggio, cerca di assuefarsi alle sue piaghe. Il fine delle mie esplorazioni è questo: scrutando le tracce di felicità che ancora si intravvedono, ne misuro la penuria. Se vuoi sapere quanto buio hai intorno, devi aguzzare lo sguardo sulle fioche luci lontane».

Al termine della narrazione, Kublai chiede a Marco: «Tu che esplori intorno e vedi i segni, saprai dirmi verso quali di questi futuri ci spingono i venti propizi».

«Per questi porti non saprei tracciare la rotta sulla carta né fissare la data dell'approdo. Alle volte mi basta uno scorcio che s'apre nel bel mezzo di un paesaggio incongruo, un affiorare di luci nella nebbia, il dialogo di due passanti che si incontrano nel viavai, per pensare che partendo di lì metterò assieme pezzo a pezzo la città perfetta, fatta di frammenti mescolati col resto, di istanti separati da intervalli, di segnali che uno manda e non sa chi li raccoglie. Se ti dico che la città cui tende il mio viaggio è discontinua nello spazio e nel tempo, ora più rada ora più densa, tu non devi credere che si debba smettere di cercarla. Forse mentre noi parliamo sta affiorando sparsa entro i confini del tuo impero; puoi rintracciarla, ma a quel modo che t'ho detto».

Allo stesso modo procederemo noi, raccogliendo gli sparsi frammenti della nostra esistenza, per restituire un resoconto fedele - oh, non saprei dire quanto fedele! - del territorio che abbiamo attraversato. Io non ero solo. La strada che mi ha condotto fin qui pure va detta, ma più arduo sarà procedere verso Nord, verso Ovest, senza assecondare la tentazione - pure presente in me, ma sempre più debole - rappresentata dal mio Sud. Non c'è solo Lei, il mio Oriente, a guidare i passi incerti verso il compimento del mio Destino. Realizzare la mia natura, finalmente trovare il mio ubi consistam, coinciderà con le sue ragioni? Cosa sappiamo di noi e di ciò che saremo? Non troviamo, forse, le nostre vere ragioni lontano da una Verità che sia scolpita nella pietra e, ancor più decisamente, lontano dall'immagine ferma di una improbabile città da cui siamo partiti? Non troviamo quelle ragioni intrecciando i nostri destini con quelli di altri viandanti, partiti come noi in cerca di tracce di felicità sparse nel vento? E se non ci metteremo in ascolto di tutte le voci del vento, lasciando che la pioggia improvvisa intervenga a scuotere le nostre certezze; se non permetteremo alla pioggia di irrompere nella nostra vita, portandovi l'eco lontana di altre voci, come riusciremo a dare voce al nostro cuore irrequieto? e come daremo un nome alle nostre inquietudini, se non usciremo ad incontrare vento e pioggia, per ritrovarci infine sotto lo stesso cielo?

* L'Asino d'oro, dell'Editore Loescher - Anno I, numero 1, Maggio 1990: «Fine dei viaggi»: spazio e tempo nella narrazione moderna

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