Al di qua dello sguardo - Elegia della vita schiva

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mercoledì 18 agosto 2010

Un presentimento

La possibilità di porre certe domande profonde si forma forse in noi dal presentimento che esse potrebbero trovare risposta attraverso incontri, anzi è anticipazione di incontri. - HUGO VON HOFMANNSTHAL, Il libro degli amici, 1922

L’attesa di un incontro è sempre preceduta da anticipazioni di quel che sarà. Percorriamo con la memoria infinite volte i brevi dialoghi che intrecceremo con l’altro, sforzandoci di rendere visibile a noi stessi lo sguardo benevolo. E la voce? Saremo tesi ad ascoltare improbabili risposte che puntualmente non verranno. Eppure, ben sapendo che è così, noi non rinunciamo a fantasticare. Non accettiamo mai, se non nel tempo della maturità estrema, di andare incontro alla vita come siamo, disarmati ma convinti che troveremo le parole. Di nessuna delle cose anticipate nell’immaginazione ci ricorderemo di fronte all’altro. Improvviseremo, forti di quello che sappiamo già. Ed è sempre così.

Io ricordo. Nei trentacinque anni trascorsi sulla cattedra non ho fatto altro che studiare. Ho preparato (quasi) tutte le mie lezioni, a volte anche con settimane di anticipo, curvo sui libri per giornate intere. Fare una lezione era questo: prevedere ogni passaggio; perfino le parole dovevano essere quelle giuste. Quelle che avevo pensato. Non altre. Ero sempre turbato, però, dal fatto che le lezioni non coincidevano mai con quello che avevo pensato nei miei sforzi 'anticipatori'. Solo negli ultimi anni di insegnamento mi sono reso conto del fatto che le migliori lezioni erano quelle che improvvisavo, decidendo addirittura, una volta arrivato alla cattedra, quello che avrei detto. Ho compreso, altresì, che non avevo fatto altro. Oggi mi domando se la vita non sia poi questo. Noi ci affanniamo, immaginando quello che sarà, ma - come gli Angeli che esitano - immemori di noi di fronte alla luce della Realtà non facciamo altro che improvvisare, divinando dal fondo enigmatico e buio da cui proveniamo. [la testimonianza di un vecchio insegnante]

Se l'Altro sapesse di sé - come dovrebbe sapere di noi - non dubiterebbe mai del nostro amore. Consapevoli di noi stessi, sappiamo bene che nelle cose d'amore le ragioni per cui abbiamo scelto l'altro ci sono note solo in parte. Quando ci ritroviamo a vivere l'attimo ek-statico - quando cerchiamo di trascendere l'hic et nunc della semplice-presenza dell'altro per arrivare a toccare la sua anima -, quel protendersi verso il cuore ben rotondo della verità che è il palpito del cuore che solo è in grado di eternare l'istante, che ne è di noi, se non siamo sostenuti da uno sguardo che inveri i nostri sforzi e che ci dica sì, perché la vita così vuole da noi? [la testimonianza di un'anima disincantata]

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