Al di qua dello sguardo - Elegia della vita schiva

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lunedì 6 settembre 2010

Elogio del brevissimo


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A una passante

La strada era assordante, urlava tutt’intorno.

Esile ed alta, in lutto, regina dolorosa

una donna passò, con la mano fastosa

sollevando il vestito, di trine e balze adorno.

Leggera, nelle gambe una scultorea grazia.

Negli occhi suoi, cielo ove s’annuncia l’uragano,

bevevo, come quello che è fatto ossesso e strano,

la dolcezza che incanta, il piacere che strazia.

Un lampo… poi la notte! Bellezza fuggitiva,

che con un solo sguardo la vita m’hai ridato,

non ti rivedrò più dunque che nell’eterna riva?

Altrove, in lontananza, e tardi, o forse mai!

Non so dove tu fuggi, tu non sai dove vado,

io t’avrei certo amato, e tu certo lo sai!

CHARLES BAUDELAIRE, I fiori del male

C'è un'emozione che pochi avranno descritto e 'spiegato' (a se stessi). Un'emozione, non un sentimento. A me capita - dalla nascita, debbo dire - di 'studiare' tutte le donne che incontro. Da bambino e poi da ragazzo impenitente, cioè irriducibile innamorato di quasi tutte le ragazze, fantasticavo sulla possibilità di costruire un rapporto duraturo. Sognavo (ad occhi aperti) di avvicinarmi, di ricevere una buona accoglienza, sorrisi e inchini. E poi, larghe intese, riconoscimenti e amore, tanto amore. Mi piaceva pensare che quella donna appena incontrata forse poteva diventare mia moglie. Io le donne volevo sposarle. Non le volevo solo per un po'.

Ora, immaginate che questa pratica 'sessuale' (con tendenza alla paranoia) si prolunghi, anche se in forme attenuate, fino alla maturità, diciamo alla giovinezza matura. Immaginate che si traduca ora in qualcos'altro, nella fantasia innocente ma sempre impegnativa di incontri con l'ultima donna bella desiderata. Ebbene, la cosa di cui mi preme parlare è la seguente:

- quanto può durare un'emozione, diciamo l'interesse per un tale feticcio, considerato che non si traduce mai in incontri reali e tanto meno in contatti e relazioni?

- quel che oggi mi sembra interessante è considerare la cosa, il fatto. Io mi 'lego' a una persona per un po' e cerco di farla 'durare'. Torno a pensarla e a fantasticare su di essa tutte le volte che la vedo. Una volta tornato a casa, mi ritrovo a pensare a lei. Custodisco il piacere delicato della memoria del 'vissuto'. Immagino anche pratiche sessuali con lei che a volte arrivano fino alla 'consumazione' ripetuta dell'atto sessuale (come si diceva pudicamente una volta).

- ebbene, questa mattina mi sono ritrovato a sentire che una donna incontrata recentemente e che mi aveva turbato non poco in passato - ma che non potrò sposare mai! - poteva bene essere 'abbandonata' da me. Ci riuscivo bene. Ci sono riuscito. Ho realizzato un pronto distacco, durante la colazione, ed ora contemplo la sua immagine e la vedo muoversi davanti a me, ed io sento che può andare, può allontanarsi per sempre da me. Non voglio sposarla più.

Questo 'prendere e poi lasciare' che nome potrebbe avere? non vi sembra un'emozione degna di essere catalogata e contemplata come esperienza da mettere in musica e da raccontare a qualche amico ragioniere, che magari ci prenderà per matti, perché non riuscirà ad immaginare una storia così breve e ad afferrarne i contorni? Se mi chiedesse di che parlo, ecco, potrei dirgli che si tratta di un brevissimo.

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