Al di qua dello sguardo - Elegia della vita schiva

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venerdì 3 settembre 2010

Tra un silenzio e l'altro


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Io sono un uomo di confine. Mi piace vivere ai confini (della realtà). Tra una realtà e l'altra. Tra i diversi piani della realtà. Anche la scrittura rispecchia quest'esigenza. Quando ci riesco, apro con un testo letterario e chiudo con un brano musicale o con uno spezzone di film. E' sempre così. C'è sempre una suggestione, da cui parto. Un ricordo viene 'sostenuto' dall'associazione con pochi versi. Ma la poesia non è solo compagna di strada delle idee. Spesso il senso è tutto nella citazione d'apertura: il testo cerca di dire cosa nella mia esperienza è riverbero, eco lontana. D'altra parte, nessuno si sognerebbe più di contestare, ad esempio, il ricorso al mito per illustrare idee fondamentali, come per primo seppe fare Platone. Ci sono cose che riusciamo a dire con le parole, ricorrendo ai concetti. Ce ne sono altre che esprimiamo con l'immagine o con la musica...

La caccia in cui siamo impegnati un po' tutti non è questa? L'invisibile e l'ineffabile, che rappresentano quasi tutto, cioè l'essenziale, come entreranno nella nostra vita per illuminare le cose che facciamo e che diciamo? Spesso ci accade di dire: è come quello che dice il personaggio principale di quel film...; oppure, tu conosci l'attacco della prima sinfonia di Mahler o della quinta di Beethoven? Ma cosa c'è di più espressivo per noi oggi del repertorio di Miles Davis o di Keith Jarrett e con loro di tutti gli altri che eleggiamo come nostri Maestri?

Le pieghe dell'anima e certe pause silenziose e perplesse, ogni esitazione e sospiro come diventeranno voce se non troveremo il mezzo per farlo e poi il linguaggio e poi lo stile e poi la 'parola' appropriata? Quando ci riusciamo, ci rendiamo conto del fatto che da un fondo enigmatico e buio abbiamo divinato, dando voce a moti dell'anima di cui non conoscevamo bene i confini, né l'origine né dove ci avrebbero condotto i 'contenuti' che premevano in noi e che chiedevano di essere finalmente espressi.

Delle cose misteriose della vita dell'anima, ce n'è una che incomincio a comprendere: bisogna trovare il coraggio di prendere in mano il proprio strumento musicale o avvicinarsi alla tastiera di un piano e sentire che qualcosa seguirà. Non occorre sempre uno spartito, che le cose abbiano già preso forma. Io amo quel che accade improvvisamente, perché anche la vita mi sembra che proceda così. Quando usciamo di casa al mattino, noi non sappiamo cosa diremo e come lo diremo. Avvertiamo soltanto un sentore d'autunno nell'aria, se ci sembra che lo splendore dell'estate ormai stiamo cedendo il passo all'umbratile e a tratti ventoso settembre. Si annuncia per noi il giorno nelle forme che solo il giorno sa approntare. Noi possiamo andargli incontro e dire sì. Cos'altro possiamo fare della vita che ci sorride se non prenderla sul serio e immaginare che una voce che da lontano sembra si rivolga a noi, a ben guardare, scopriremo tra poco che proprio a noi ha qualcosa da dire? E a noi, allora, cosa resta da fare se non corrispondere a quella voce, per niente immemori del fatto che c'è posto anche per noi qui?

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